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Sulla riva del lago

Cacato in Storie il 9 Settembre 2006 da RuZ

Quando la luna sorgeva all’orizzonte e rischiarava con il suo tiepido candore le rive del grande lago, il vecchio Ortik sedeva su una panca che il tempo e la sua mole avevano, lentamente, deformato.
La panca sembrava, in realtà, molto più viva di quanto lo fosse il pescatore con le sue spaccature profonde e con il suo colore sfuggente.
Il vecchio sedeva, fumava la pipa e osservava. Gli era sempre piaciuto quel panorama, quelle onde infinite, tutte uguali e diverse allo stesso tempo, con la luna, grande e pallida, che sfocava con ombre oblique tutto ciò che si ergeva per più di qualche centimetro da terra.
A pensarci bene non conosceva veramente quel luogo. Ogni sera, se il tempo lo permetteva, rimaneva per ore ad osservare e a fumare ma mai aveva colto l’essenza intrinseca di quel luogo.
E mai, probabilmente, l’avrebbe colta.
Era come stare al buio in una stanza immensa, con solo una candela: gli oggetti vicini potevano essere nitidi, ma poco più in là il grigio e il nero dell’ombra tetra nascondevano la realtà. Ma, non per questo, essa non esisteva.
Avrebbe dovuto fare il filosofo, non il pescatore, si disse.
Ma il pescatore è in fondo un filosofo che, invece che studiare in stanze chiuse su libri polverosi, assapora la vera essenza della vita, il vento, il mare, le onde e il sole.
Ortik aveva vissuto tutta la sua vita sulle sponde del lago e, se lo ripetè ancora una volta, non lo conosceva nemmeno troppo bene. Lo considerava la sua stanza da studio, il suo mondo pieno di sorprese e ovvietà.
Poi, come scosso da un fremito delle foglie al suolo, si lasciò scivolare giù dalla panca. Si accese la pipa e guardò il cielo.
“Che belle che sono le stelle – pensò con un sorriso – sembra proprio che stiano lì, appese con un filo invisibile con l’unico scopo di osservare gli uomini”.
“Mi piacerebbe salire in montagna, un giorno. Mi piacerebbe avvicinarmi alle stelle, vorrei vederle vicine, quasi da afferrare. Vorrei stare lassù e avere solo quell’immagine e quell’emozione nella mente…”
Ortik lentamente si addormentò, continuando a fantasticare sulle sue montagne.