Della parole e del loro utilizzo

Spesso mi viene mossa una feroce critica sul fatto che uso, incondizionatamente, vocaboli ed espressioni volgari o comunque irripetibili. Non esemplifichero, chiaramente, qui, c’è già chi ha fatto di meglio.
Voglio approfitare della possibilità di parlare, o meglio scrivere, senza essere interrotto da nessun frociazzo merdoso per, in qualche modo, spiegarmi.
Credo che il mondo d’oggi ci ponga troppi limiti su quello che è moralmente e politicamente corretto da fare, da dire, da mangiare. La libertà di parola non ci è veramente concessa.
Il punto è che assai semplice riprendersi questa libertà: basta alzarsi in piedi, un giorno, e esprimere la propria fottuta opinione. Saranno i posteri poi a decidere chi avrà ragione o torto.
Così si da, tra l’altro, la possibilità a tutti di capire veramente cosa si vuole dire: se io vedo una cosa bruttina posso dire “Non mi piace, sinceramente, ma di certo non è orribile”. Il mio interlocutore capisce, io sono stato sincero. Se invece guardo una cosa inverosimilmente brutta posso affermare con vigore “Minchia fa cagare ettolitri di magma disciolto in merda e piscio!”. Se mi confacessi al volere comune dovrei affermare “Oh, carino!” in entrambi i casi. Così il mio interlocutore non capirebbe rischiando, magari, di farmi un regalo assolutamente non gradito con annesso trauma cranico.
Quindi nella mia ignoranza continuo a fottermene beatamente di tutto ciò e continuo a insultare i miei amati fratelli africani/sudamericani/napoletani/froci stando alla distanza minima di 15 metri per evitare che uno di questi, girandosi, tiri fuori una minchia da elefante africano e mi colpisca causandomi il colpo della strega.

E poi, per corollario, qualcuno di voi ha mai ricevuto gli auguri a capodanno più o meno così:

Auguri frociazzo! Fottiti in culo per tutto il 2006!

Vi assicuro che è una esperienza incredibile.

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